Prosegue al Teatro Instabile, in Vico Fico al purgatorio ad arco, ai Tribunali, la rassegna sulle opere di Manlio Santanelli, dal titolo “Beati i senza tetto..perché vedranno il cielo..”. Dal 16 al 26 febbraio è in scena “Virginia e sua zia” con Gina Perna per la regia di Daniela Cenciotti, e la produzione del teatro stabile di Calabria.
Il testo di Santanelli è un monologo di una donna scritto da un uomo che forse ha veramente capito l’universo femminile e le sue sfaccettature. Una donna come tante, che ha creato intorno a se una gabbia morale, le cui sbarre sono le paure, le angosce, le solitudini e i rapporti con il mondo esterno. Ma una di queste sbarre è sua zia. Una zia che forse alla fine risulterà un’invenzione, uno sfogo per non uscire all’aperto, per giustificare la volontaria prigionia i cui lei si è rinchiusa. Virginia parla, si sfoga, ricorda, e attraverso la memoria compiendo un viaggio a ritroso, con la lettura lucida, al contempo folle, del suo passato, cerca di mettere ordine nella sua vita. Una vita ingabbiata dalle convenzioni che, al di là di tutti i femminismi della storia, assume il valore di una semplice affabulazione in cui si racconta, mentre il pubblico, attraverso una parete inesistente, guarda dal buco della serratura, come un guardone desideroso di sentire e vedere le altrui disumanità.
Conosceremo in fondo Virginia e sua zia? Forse non lo chiarirà nemmeno il martellante monologo di Santanelli, proprio perché è già difficile conoscere le tante Virginie sparse nel mondo. Quella di Santanelli la possiamo riconoscere dalla sua ironia, come l’autore stesso ci indirizza: “Per sua buona sorte madre natura, che con lei non è stata prodiga di attrattive fisiche, in compenso l’ha dotata di un sicuro, quanto inconsapevole, senso dell’ironia. Ma fino a quando la sua vita potrà abusare della sua ironia?”.
Orari feriali ore 21.00, festivi ore 18.00- Prezzi a partire da 10 a 12 € per info 081-298590
Il testo di Santanelli è un monologo di una donna scritto da un uomo che forse ha veramente capito l’universo femminile e le sue sfaccettature. Una donna come tante, che ha creato intorno a se una gabbia morale, le cui sbarre sono le paure, le angosce, le solitudini e i rapporti con il mondo esterno. Ma una di queste sbarre è sua zia. Una zia che forse alla fine risulterà un’invenzione, uno sfogo per non uscire all’aperto, per giustificare la volontaria prigionia i cui lei si è rinchiusa. Virginia parla, si sfoga, ricorda, e attraverso la memoria compiendo un viaggio a ritroso, con la lettura lucida, al contempo folle, del suo passato, cerca di mettere ordine nella sua vita. Una vita ingabbiata dalle convenzioni che, al di là di tutti i femminismi della storia, assume il valore di una semplice affabulazione in cui si racconta, mentre il pubblico, attraverso una parete inesistente, guarda dal buco della serratura, come un guardone desideroso di sentire e vedere le altrui disumanità.
Conosceremo in fondo Virginia e sua zia? Forse non lo chiarirà nemmeno il martellante monologo di Santanelli, proprio perché è già difficile conoscere le tante Virginie sparse nel mondo. Quella di Santanelli la possiamo riconoscere dalla sua ironia, come l’autore stesso ci indirizza: “Per sua buona sorte madre natura, che con lei non è stata prodiga di attrattive fisiche, in compenso l’ha dotata di un sicuro, quanto inconsapevole, senso dell’ironia. Ma fino a quando la sua vita potrà abusare della sua ironia?”.
Orari feriali ore 21.00, festivi ore 18.00- Prezzi a partire da 10 a 12 € per info 081-298590